venerdì 30 aprile 2010



30 aprile sarà il compleanno di alessandro e anche se io non ci sarò , io non mi perderò niente

perchè io andrò in gita (perciò ti auguro un felice compleanno)





(da loredana)


alessandro ti auguro in questo giorno molto importante per te 30 aprile .


senti giovanotto il tuo 14 compleanno


ti porterà fortuna !!!


martedì 27 aprile 2010

Rimani davanti ai miei occhi


Rimani davanti ai miei occhi, e lascia
che il tuo sguardo infiammi i miei canti.
Resta fra le tue stelle, e alla loro luce
lascia ch'io accenda la mia adorazione.
La terra rimane in attesa
sul ciglio della strada del mondo;
Rimani in piedi sul verde mantello
ch'essa ha steso sul tuo cammino;
e fa ch'io senta nei fiori di campo
il prolungamento del mio saluto.
Resta nella mia sera solitaria
dove il mio cuore veglia da solo;
e colma la coppa della sua solitudine,
che sente in me l'infinità del tuo cuore.

Romeo e Giulietta (l'amore è potente!)

ROMEO E GIULIETTA
di William Shakespeare.

Nel prologo, il Coro  racconta agli spettatori come due nobili famiglie di Verona, i Montecchi e i Capuleti, si siano osteggiate per generazioni e che "dai fatali lombi di due nemici discende una coppia di amanti, nati sotto cattiva stella cui tragico suicidio porrà fine al conflitto".
Il primo atto comincia con una rissa di strada tra i servi delle due famiglie, interrotta dal Principe Escalus, che per ogni ulteriore scontro dichiarerà responsabili con le loro stesse vite i capi delle due famiglie per poi disperdere la folla. Paride, un giovane nobile, ha chiesto al Capuleti di dargli in moglie la figlia quattordicenne, Giulietta. Capuleti lo invita ad attirarne l'attenzione durante il ballo in maschera del giorno seguente, mentre la madre di Giulietta cerca di convincerla ad accettare le offerte di Paride. Questa scena introduce la nutrice di Giulietta, l'elemento comico del dramma. Il rampollo sedicenne dei Montecchi, Romeo, è innamorato di Rosalina, una Capuleti (personaggio che non compare mai).Mercuzio  (amico di Romeo e congiunto del Principe) e Benvoglio (cugino di Romeo) cercano invano di distogliere Romeo dalla sua malinconia, quindi decidono di andare mascherati alla casa dei Capuleti, per divertirsi e cercare di dimenticare. Romeo, che spera di vedere Rosalina al ballo, incontra invece Giulietta.
I due ragazzi si scambiano poche parole, ma queste sono sufficienti a farli innamorare l'uno dell'altra e a baciarsi. Prima che il ballo finisca, la Balia dice a Giulietta il nome di Romeo, e (separatamente) viceversa. Romeo rischiando la vita, resta nella casa di Giulietta  dopo la fine della festa, e nella famosa scena del balcone, i due si dichiarano il loro amore e decidono di sposarsi in segreto. Il giorno seguente, con l'aiuto della Balia, il francescano   Frate Lorenzo unisce in matrimonio Romeo e Giulietta, sperando così di portare pace tra le due famiglie attraverso la loro unione.Le cose precipitano quando Tebaldo, cugino di Giulietta e di temperamento iracondo, incontra Romeo e cerca di provocarlo a un duello. Romeo rifiuta di combattere contro colui che è ormai anche suo cugino, ma Mercuzio (ignaro di ciò) raccoglie la sfida. Tentando di separarli, Romeo inavvertitamente permette a Tebaldo di ferire Mercuzio, che muore augurando "la peste a tutt'e due le vostre famiglie". Romeo, nell'ira, uccide Tebaldo. Il Principe condanna Romeo solo all'esilio (perché Mercuzio era suo congiunto e Romeo l'ha solo vendicato): dovrà lasciare la città prima dell'alba del giorno seguente. I due sposi riescono a passare insieme un'unica notte d'amore. All'alba, svegliati dal canto dell'allodola, messaggera del mattino (che vorrebbero fosse il canto notturno dell'usignolo), si separano e Romeo fugge a Mantova.Giulietta dovrebbe però sposarsi tre giorni dopo con Paride. Frate Lorenzo, esperto in erbe medicamentose, dà a Giulietta una pozione che la porterà a una morte apparente per quaranta ore. Nel frattempo il frate manda un messaggero a informare Romeo affinché egli la possa raggiungere al suo risveglio e fuggire da Mantova.
Sfortunatamente il messaggero del frate non riesce a raggiungere Romeo poiché Mantova è sotto quarantena per la Peste, e Romeo viene a sapere da un servitore della famiglia del funerale di Giulietta (una interessante incongruenza nella storia: come avrebbe fatto il servitore a tornare a Mantova dopo aver assistito al "funerale" di Giulietta?). Romeo si procura un Veleno, torna a Verona in segreto e si inoltra nella cripta dei Capuleti, determinato ad unirsi a Giulietta nella morte.Romeo, dopo aver ucciso in duello Paride, che era giunto anche lui nella Cripta, e aver guardato teneramente Giulietta un'ultima volta, si avvelena pronunciando la famosa battuta "E così con un bacio io muoio" (Atto 5 scena III). Quando Giulietta si sveglia, trovando l'amante e Paride morti accanto a lei, si trafigge così con il pugnale di Romeo.
Nella scena finale, le due famiglie e il Principe accorrono alla tomba, dove Frate Lorenzo gli rivela l'amore e il matrimonio segreto di Romeo e Giulietta. Le due famiglie, come anticipato nel prologo, sono riconciliate dal sangue dei loro figli, e pongono fine alla loro guerra.


Testo della Scena del balcone con antefatto

SCENA PRIMA - Una viuzza presso il giardino dei Capuleti

(Entra ROMEO)

ROMEO: Posso io andare innanzi quando il mio cuore è là? Torna indietro, o inanimata argilla del mio corpo, e ritrova il tuo centro.

(Sale sul muro, e salta in giardino)


(Entrano BENVOLIO e MERCUZIO)

BENVOLIO: Romeo! Cugino Romeo! Romeo!

MERCUZIO: Ha giudizio: e, per la vita mia, scommetto che è scappato di nascosto a casa per andarsene a letto.

BENVOLIO: Correva per questa strada, e poi ha scavalcato il muro di questo giardino. Chiamalo, mio buon Mercuzio.

MERCUZIO: Anzi, lo evocherò addirittura. Romeo! Stravagante! Pazzo!
Innamorato furibondo! Apparisci sotto la forma di un sospiro! Rispondi con un verso, e sarò pago! Grida un semplice: ahimè! Pronunzia soltanto una rima: bella e tortorella. Di' una parola amabile all'indirizzo della mia comare Venere, trova un soprannome per il cieco suo figlio ed erede, per il giovinetto Adamo Cupido, che scoccò la sua freccia così bene, quando il re Cofetua si innamorò della fanciulla mendicante. Non sente, non si fa vivo; non si muove; è morto quel macacco, e bisogna proprio che io lo evochi. Romeo, per i fulgidi occhi di Rosalina, per la superba sua fronte e le sue labbra porporine, per il suo bel piedino, per la sua gamba dritta come un fuso, per le sue sobbalzanti cosce e i territori ad esse adiacenti, io ti scongiuro di apparire a noi nelle tue vere sembianze.

BENVOLIO: Se ti sente, lo farai arrabbiare.

MERCUZIO: Non si potrà arrabbiare per questo. Avrebbe ragione di prendersela, se io coi miei scongiuri facessi sorgere nel cerchio della sua bella uno spirito di strana natura, e lo lasciassi lì ritto, finch'ella lo avesse scongiurato ad abbassarsi e andarsene. Questo sarebbe un dispetto! Ma la mia invocazione è onesta e leale, e i miei scongiuri, in nome della sua donna, non hanno altro scopo che quello di far sorgere lui.

BENVOLIO: Vieni, si deve essere nascosto fra quegli alberi per conversare con l'umida notte Il suo amore è cieco, e sta bene al buio.

MERCUZIO: Se amore è cieco, amore non può colpire il bersaglio. In questo momento Romeo si mette a sedere sotto un nespolo, e si augura che la sua bella rassomigli a quelle tali frutta, che le fanciulle, fra di loro, chiamano, ridendo, "le nespole". Oh! Romeo, se ella fosse... oh! s'ella fosse una... 'et caetera'... aperta, e tu una pera spadona!. Buona notte, Romeo. Me ne vado a trovare la mia branda; il campo è un letto troppo freddo perché io vi possa dormire. Vieni, ce ne andiamo?

BENVOLIO: Andiamo pure, poiché è inutile cercare chi non si vuol lasciar trovare.

(Escono)

SCENA SECONDA - Giardino dei Capuleti

(Entra ROMEO)

ROMEO: Ride delle cicatrici, chi non ha mai provato una ferita.
(Giulietta appare ad una finestra in alto)
Ma, piano! Quale luce spunta lassù da quella finestra? Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole! Sorgi, o bell'astro, e spengi la invidiosa luna, che già langue pallida di dolore, perché tu, sua ancella, sei molto più vaga di lei. Non esser più sua ancella, giacché essa ha invidia di te. La sua assisa di vestale non è che pallida e verde e non la indossano che i matti; gettala. E' la mia signora; oh! è l'amor mio!
oh! se lo sapesse che è l'amor mio! Ella parla, e pure non proferisce accento: come avviene questo? E' l'occhio suo che parla; ed io risponderò a lui. Ma è troppo ardire il mio, essa non parla con me:
due fra le più belle stelle di tutto il cielo, avendo da fare altrove, supplicano gli occhi suoi di voler brillare nella loro sfera, finché esse abbian fatto ritorno. E se gli occhi suoi, in questo momento, fossero lassù, e le stelle fossero nella fronte di Giulietta? Lo splendore del suo viso farebbe impallidire di vergogna quelle due stelle, come la luce del giorno fa impallidire la fiamma di un lume; e gli occhi suoi in cielo irradierebbero l'etere di un tale splendore che gli uccelli comincerebbero a cantare, credendo finita la notte.
Guarda come appoggia la guancia su quella mano! Oh! foss'io un guanto sopra la sua mano, per poter toccare quella guancia!

GIULIETTA: Ohimè!

ROMEO: Essa parla. Oh, parla ancora, angelo sfolgorante! poiché tu sei così luminosa a questa notte, mentre sei lassù sopra il mio capo come potrebbe esserlo un alato messaggero del cielo agli occhi stupiti dei mortali, che nell'alzarsi non mostra che il bianco, mentre varca le pigre nubi e veleggia nel grembo dell'aria.

GIULIETTA: O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome: o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio, ed io non sarò più una Capuleti.

ROMEO (fra sé): Starò ancora ad ascoltare, o rispondo a questo che ha detto?

GIULIETTA: Il tuo nome soltanto è mio nemico: tu sei sempre tu stesso, anche senza essere un Montecchi. Che significa "Montecchi"? Nulla: non una mano, non un piede, non un braccio, non la faccia, né un'altra parte qualunque del corpo di un uomo. Oh, mettiti un altro nome! Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un'altra parola avrebbe lo stesso odore soave; così Romeo, se non si chiamasse più Romeo, conserverebbe quella preziosa perfezione, che egli possiede anche senza quel nome. Romeo, rinunzia al tuo nome, e per esso, che non è parte di te, prenditi tutta me stessa.

ROMEO: Io ti piglio in parola: chiamami soltanto amore, ed io sarò ribattezzato; da ora innanzi non sarò più Romeo.

GIULIETTA: Chi sei tu che, così protetto dalla notte, inciampi in questo modo nel mio segreto?

ROMEO: Con un nome io non so come dirti chi sono. Il mio nome, cara santa, è odioso a me stesso, poiché è nemico a te: se io lo avessi qui scritto, lo straccerei.

GIULIETTA: L'orecchio mio non ha ancora bevuto cento parole di quella voce, ed io già ne riconosco il suono. Non sei tu Romeo, e un Montecchi?

ROMEO: Né l'uno né l'altro, bella fanciulla se l'uno e l'altro a te dispiace.

GIULIETTA: Come sei potuto venir qui, dimmi, e perché? I muri del giardino sono alti, e difficili a scalare, e per te, considerando chi sei, questo è un luogo di morte, se alcuno dei miei parenti ti trova qui.
ROMEO: Con le leggere ali d'amore ho superati questi muri, poiché non ci sono limiti di pietra che possano vietare il passo ad amore: e ciò che amore può fare, amore osa tentarlo; perciò i tuoi parenti per me non sono un ostacolo.
GIULIETTA: Se ti vedono, ti uccideranno.

ROMEO: Ahimè! c'è più pericolo negli occhi tuoi, che in venti delle loro spade: basta che tu mi guardi dolcemente, e sarò a tutta prova contro la loro inimicizia.

GIULIETTA: Io non vorrei per tutto il mondo che ti vedessero qui.

ROMEO: Ho il manto della notte per nascondermi agli occhi loro; ma a meno che tu non mi ami, lascia che mi trovino qui: meglio la mia vita terminata per l'odio loro, che la mia morte ritardata senza che io abbia l'amor tuo.

GIULIETTA: Chi ha guidato i tuoi passi a scoprire questo luogo?

ROMEO: Amore, il quale mi ha spinto a cercarlo: egli mi ha prestato il suo consiglio, ed io gli ho prestato gli occhi. Io non sono un pilota:
ma se tu fossi lontana da me, quanto la deserta spiaggia che è bagnata dal più lontano mare, per una merce preziosa come te mi avventurerei sopra una nave.

GIULIETTA: Tu sai che la maschera della notte mi cela il volto, altrimenti un rossore verginale colorirebbe la mia guancia, per ciò che mi hai sentito dire stanotte. Io vorrei ben volentieri serbare le convenienze; volentieri vorrei poter rinnegare quello che ho detto: ma ormai addio cerimonie! Mi ami tu? So già che dirai "sì", ed io ti prenderò in parola; ma se tu giuri, tu puoi ingannarmi: agli spergiuri degli amanti dicono che Giove sorrida. O gentile Romeo, se mi ami dichiaralo lealmente; se poi credi che io mi sia lasciata vincere troppo presto, aggrotterò le ciglia e farò la cattiva, e dirò di no, così tu potrai supplicarmi; ma altrimenti non saprò dirti di no per tutto il mondo. E' vero, bel Montecchi, io son troppo innamorata e perciò la mia condotta potrebbe sembrarti leggera. Ma credimi, gentil cavaliere, alla prova io sarò più sincera di quelle che sanno meglio di me l'arte della modestia. Tuttavia sarei stata più riservata, lo devo riconoscere, se tu, prima che io me n'accorgessi, non avessi sorpreso l'ardente confessione del mio amore: perdonami dunque e non imputare la mia facile resa a leggerezza di questo amore, che l'oscurità della notte ti ha svelato così.

ROMEO: Fanciulla, per quella benedetta luna laggiù che inargenta le cime di tutti questi alberi, io giuro..
.
GIULIETTA: Oh, non giurare per la luna, la incostante luna che ogni mese cambia nella sua sfera, per timore che anche l'amor tuo riesca incostante a quel modo.

ROMEO: Per che cosa devo giurare?

GIULIETTA: Non giurare affatto; o se vuoi giurare, giura sulla tua cara persona, che è il dio idolatrato dal mio cuore, ed io ti crederò.

ROMEO: Se il sacro amore del mio cuore...

GIULIETTA: Via, non giurare. Benché io riponga in te la mia gioia, nessuna gioia provo di questo contratto d'amore concluso stanotte: è troppo precipitato, troppo imprevisto, troppo improvviso, troppo somigliante al lampo che è finito prima che uno abbia il tempo di dire "lampeggia". Amor mio, buona notte! Questo boccio d'amore, aprendosi sotto il soffio dell'estate, quando quest'altra volta ci rivedremo, forse sarà uno splendido fiore. Buona notte, buona notte! Una dolce pace e una dolce felicità scendano nel cuor tuo, come quelle che sono nel mio petto.

ROMEO: Oh! mi lascerai così poco soddisfatto?

GIULIETTA: Quale soddisfazione puoi avere questa notte?

ROMEO: Il cambio del tuo fedele voto di amore col mio.

GIULIETTA: Io ti diedi il mio, prima che tu lo chiedessi; e tuttavia vorrei non avertelo ancora dato.

ROMEO: Vorresti forse riprenderlo? Per qual ragione, amor mio?

GIULIETTA: Solo per essere generosa, e dartelo di nuovo. Eppure io non desidero se non ciò che possiedo; la mia generosità è sconfinata come il mare, e l'amor mio quanto il mare stesso è profondo: più ne concedo a te, più ne possiedo, poiché la mia generosità e l'amor mio sono entrambi infiniti. (La Nutrice chiama di dentro) Sento qualche rumore in casa; addio, caro amor mio! Subito, mia buona nutrire! Diletto Montecchi, sii fedele. Aspetta un solo istante, tornerò.
(Esce)


ROMEO: O beata, beata notte! Stando così in mezzo al buio, io ho paura che tutto ciò non sia che un sogno, troppo deliziosamente lusinghiero per essere realtà.
(Giulietta torna alla finestra)

GIULIETTA: Due parole, caro Romeo, e buona notte davvero. Se l'intenzione dell'amor tuo è onesta e il tuo proposito è il matrimonio, mandami a dire, domani, per una persona che farò venir da te, dove e in qual tempo tu vuoi compiere la cerimonia ed io deporrò ai tuoi piedi il mio destino e ti seguirò, come signore mio, per tutto il mondo.

NUTRICE (di dentro): Signora!

GIULIETTA: Vengo subito. Ma se le tue intenzioni non sono oneste, io ti scongiuro...

NUTRICE (di dentro): Signora!

GIULIETTA: Ora vengo! Cessa le tue proteste e lasciami al mio dolore: domani manderò.

ROMEO: Così l'anima mia sia salva...

GIULIETTA: Mille volte buona notte!
(Si ritira dalla finestra)


ROMEO: Mille volte cattiva notte, invece, poiché mi manca la tua luce.
Amore corre verso amore, con la gioia con cui gli scolari lasciano i loro libri, ma al contrario amore lascia amore con quella mestizia nel volto, con la quale gli scolari vanno alla scuola.
(Si ritira lentamente)

(Riappare GIULIETTA alla finestra)

GIULIETTA: Pst! Romeo, pst! Oh avessi io la voce di un falconiere, per richiamare a me questo gentile terzuolo! La voce della schiavitù è fioca, e non può farsi sentire: altrimenti saprei squarciare la caverna dove si cela l'eco e far diventare l'aerea sua voce più fioca della mia, a forza di ripetere il nome del mio Romeo.

ROMEO (tornando indietro): E' l'anima mia che pronunzia il mio nome; che dolce tinnire d'argento ha nella notte la voce degli amanti! E' come una musica dolcissima, per un orecchio che ascolta avidamente.

GIULIETTA: Romeo!

ROMEO: Cara!

GIULIETTA: A che ora, domani, devo mandare da te?

ROMEO: Alle nove.

GIULIETTA: Non mancherò; ci sono venti anni di qui allora. Non mi ricordo più perché ti ho richiamato.
ROMEO: Lasciami restar qui finché te ne ricordi.

GIULIETTA: Allora io non me ne ricorderò apposta, affinché tu resti qui ancora, rammentandomi solamente quanto mi è cara la tua compagnia.

ROMEO: Ed io resterò qui, perché tu non te ne ricordi, dimenticando ogni altra mia abitazione fuori di questa.

GIULIETTA: E' quasi giorno, io vorrei che tu fossi già partito, ma senza allontanarti più dell'augellino, che una monella lascia saltellare per un poco fuori della sua mano, povero prigioniero avvinto nelle sue ritorte catene, e tosto per mezzo di un filo di seta lo riconduce a sé con una stratta, amante troppo gelosa della sua libertà.

ROMEO: Io vorrei essere il tuo augellino.

GIULIETTA: Anch'io vorrei che tu lo fossi o caro: ma avrei paura di ucciderti per il troppo bene. Buona notte, buona notte! L'addio che ci separa è un dolore così dolce, che ti direi "buona notte" fino a domattina. (Si ritira)


ROMEO: Il sonno scenda sugli occhi tuoi, la pace nel tuo petto! Oh fossi io il sonno e la pace per riposare così dolcemente! Ed ora anderò alla cella del mio padre spirituale ad implorare il suo aiuto e a raccontargli la mia buona ventura.
(Esce)


venerdì 23 aprile 2010

I lavori con Birgitt



















venerdì 16 aprile 2010

foto di infernetto





















io abito a infernetto , è una bella zona da vedere perchè ci sono tanti fiori.
la prima foto che ho fatto era proprio la strada di via predoi, la seconda foto che ho scattato era proprio dei fiori perchè sentivo il profumo che mi trascinava da loro, la terza foto è stata quella dei cani, di colore nero, bianco e marrone chiaro, l'ultima foto è stata quella dei mandarini cinesi e dei

limoni che un signore ci ha regalato .

(il più BELLO è STATO QUANDO CI SIAMO MESSI A MANGIARE I MANDARINI CINESI .)

giovedì 15 aprile 2010